Sono sinceramente grato
a Elisabetta, Giovanni ed Ester Chianelli per almeno tre motivi. Li elenco in
ordine crescente di importanza.
- L’avermi fatto dono
di un bellissimo libro, curato con amore in ogni sua parte e aspetto, fuori
commercio perché destinato agli amici del nostro amato Peppino. Ciò mi commuove
particolarmente per il riconoscimento di una ultraquarantennale amicizia,
ininterrotta, fino al 23 settembre 2014, data dell’ ultimo incontro. Nella mia
memoria si fa largo il giovanissimo tennista, con l’ immancabile chitarra e
baffetti di un’estate di tanti anni fa. Avevo appena sette anni. Da allora ho
avuto il privilegio di una interlocuzione continua, serena, franca e
appassionata.
- Quindi l’avermi
voluto stasera qui a condividere con gli amici le riflessioni sulla raccolta che,
pur se di impresa difficile, mi onora particolarmente.
- E, ancor più
rilevante, l’ aver voluto dare alle stampe sotto forma di raccolta il diario
online,che in parte già conoscevo, del carissimo Peppino.
Senza troppi giri di
parole, un libro meraviglioso, un officina di pensiero e di cultura che non
tramonta mai, cattura immediatamente l’ interesse del lettore attento e
cercatore di verità e sapienza. Io credo che i diari, chiunque ne sia l’autore,
allorquando costui non indugia sull’ intimismo esasperato, fine a se stesso,
alla ricerca di ascolto che lo compiaccia e che gli dia l’ illusione di trovare risposte che mai troverà alle proprie
crisi esistenziali ma di contro si cimenta a narrare la sua umana comunità
partendo inevitabilmente dalla propria storia siano dei doni straordinari che
ogni persona dovrebbe “divorare” e serbare nella propria biblioteca, nella
propria mente e nel proprio cuore. Anzi bisognerebbe invogliare i “giovani moderni”in
particolare, a scrivere il diario perché è necessario a ricostruire un terreno
di confronto e di iniziative in tempi difficili dove, per entrare in tema, i
dubbi aumentano eccessivamente e le certezze si riducono alla fiammella di un
vecchio cerino.
E la terra d’ etrusco è
tutto ciò. Un bisogno grande di partecipazione tutto interno all’ uomo che
pienamente ambisce a vivere la sua condizione di animale sociale in un’epoca di
grandi trasformazioni-involuzioni. Altrimenti cosa significherebbe la
bellissima poesia, si poesia, perché di animo che vibra, di mano che scolpisce,
di meati che si deliziano si tratta che Elisabetta, Ester e Giovanni hanno
voluto in copertina?
“Arrendiamoci
allora alla possibilità di sbagliare.
Una
resa incondizionata che invece di avere
il
sapore della disfatta abbia
il sapore della partecipazione al mondo dei
vivi”.
Peppino in questo modo
così semplice e così denso di significato scolpisce se stesso e lo rivedo con
me o con altri seduto alla panchina di Viale Santa Maria discorrere serenamente
delle problematiche del nostro tempo, le più disparate ma tutte riguardanti
l’uomo, i popoli, le classi sociali, Napoli e il suo paese di elezione Bella.
Ma il dubbio in parte ci vedeva divisi perché a differenza di Peppino io non ho
e non ho mai avuto un unico dubbio circa la necessità della trasformazione
rivoluzionaria di questa società tanto ingiusta quanto spregevole e così
ampiamente denunciata ne suoi articoli. Lui ha fatto sempre riferimento al
riformismo socialista e la crisi del riformismo italiano non ha fatto altro che
accrescere i dubbi, anche se, diversamente da tanti, non ha mai abbandonato la
via maestra della tradizione socialista. Peppino ha sempre conosciuto questa
mia posizione e leggendo l’Etrusco ne ho la riprova a pag 118 “ Laboratori in
corso- iniziative editoriali di paese”. Canta con tenerezza fraterna una
generosa lode dell’ iniziativa di laboratorio rosso, una recensione se si può
dire così, “di un laboratorio vitale privo di dubbi sulla strada da percorrere
per la ripresa civile e morale di questo povero paese”.
Il degrado morale di
questo paese e della sua città natale Napoli sembra essere uno dei fili
principali, se non il principale, della raccolta. Oltre metà degli articoli
riguardano Napoli, la nostra città, sua di nascita, mia di adozione. ....Napoli, la meravigliosa città del sole e di tante
bellissime altre cose, come la vivacità umana irresistibile ad ogni stereotipo,
ad ogni tentativo di costringerla, di incanalarla, di trasformarla,
contiene tutto da millenni, perciò una
meta per l’ agognato riscatto di intere generazioni dedite alla terra o all'
emigrazione .In tanti, nei secoli , invano, si sono affannati a spiegarne la
sua unicità in
quanto anticipatrice di decenni, se non di secoli, delle principali vicende
europee. Basti pensare al privilegio della prima e federiciana università
pubblica, al clima di tolleranza e di convivenza che l’hanno resa famosa in
tutto il mondo, cosmopolita dove tutte le contraddizioni sono rinvenibili: la
delicatezza dell’ arte e la violenza del saccheggio urbanistico, gesti di
grande amore e di pari violenza inspiegabile, il riso improvviso come il
pianto.
Una grande città,
meravigliosa che alleva Peppino “laureandolo” avvocato attento, bravo tennista
e soprattutto un cronista gentile e
colto dei nostri tempi tristi, all’ insegna della confusione e del degrado.
La terra dell’ Etrusco,
(o un giornalista-scrittore tra noi) il diario online è come uno scrigno di
cronache napoletane e non solo. Preziose , si preziose, perché narrate con uno stile semplice, un
periodare scorrevole e con un lessico che rende onore ad una lingua
meravigliosa qual è il napoletano. Peppino ce ne spiega la grandezza fino a
rimpiangerlo dinanzi alla “volgarità dell’ italianizzazione forzata” che altro
non è se non il risultato del degrado in cui l’amatissima città è sprofondata
dal oltre vent’anni. L’autore era legatissimo alla metropoli meridionale,
parafrasando i grandi Goethe e Croce la definisce “Paradiso popolato dai
demoni”. Già, leggendo “le buche di Napoli” a pag 188 si ha un quadro perfetto
di come siano ridotte e le sue classi dirigenti e le sue strade.
Napoli e la lingua
napoletana sono stati gli argomenti principali dei nostri confronti e delle
nostre discussioni. Puntualmente mi riferiva di una città stretta tra la
violenza gratuita e l’ ignavia delle istituzioni nonostante i tentativi della
cultura e di parte del popolo di rinascere, di risalire la china verso una vita
appena normale. E poi quasi un corso di lingua napoletana, un ripassare
vocaboli in disuso, vecchi aneddoti e significativi modi di dire. Non ho mai
intravisto stanchezza in quest’opera.
Un cronista ma anche un opinionista severo e garbato della
nostra società putrescente fatta di mancanza di lavoro e dei bruttissimi esempi
dei politici istituzionali all’ insegna della codardia e della perdita del valore e senso del bene comune. Sono
tanti i suoi articoli che la denunciano. Io vorrei leggere un bellissimo
scritto di Mario Pagano il
rivoluzionario burgentino, nostro conterraneo, trucidato nella nostra Napoli e
uno dei principali ideologi della rivoluzione democratica partenopea del 1799.
Sono convinto, avendolo
conosciuto, che a Peppe non sarebbe dispiaciuto..
L’ATTUALITA’
DEL PENSIERO POLITICO DI FRANCESCO MARIO PAGANO
Brienza 25-26-27 Ottobre 1999
L’ignoranza delle grandi verità
morali fa vacillare la base della società,ne rompe il necessario ligame. Quando
non s’intende per tutti i cittadini che l’interesse privato non si possa dal
pubblico divellare,che nell’associazione degli uomini il bene privato è nel
pubblico rinchiuso,il civile edificio crolla da’ fondamenti suoi. Insensibili
egoisti,vilissimi cortigiani,traditori de’ propri doveri, istrumenti
dell’ingiustizia,voi,che nella rovina del ben pubblico trovate la privata
vostra fortuna,voi,che accumulate ricchezze a spese della giustizia,che
stabilite le vostre sopra cento rovesciate famiglie,voi ignorate che invano col
tempo il soccorso di quelle leggi,che avete calpestate, implorerete per
garentire la vostra proprietà;che quella società,che non avete mai curata e che
più non esiste,non potrà esservi di sostegno. Così tardi ed invano imparerete che ‘l privato interesse
non si può mai dal pubblico separare.
MARIO PAGANO
La terra dell’ Etrusco è anche l’ opera di uno storico laico, colto e
raffinato grondante cultura memoria e soprattutto amicizia verso gli altri.
Peppino ci regala nell’ etrusco un bellissimo racconto del proprio nonno in cui
riusciamo a comprendere quanti pochi
passi abbia compiuto il nostro popolo verso la liberazione dalla sudditanza
culturale ai poteri laici e religiosi.
Un giornalista innamorato della parola, del bel scrivere che padroneggia con maestria come
gli artigiani di una volta gli arnesi per la fattura di beni sempre più belli e
preziosi e perciò cercatori del meglio, dell’ opera sempre più precisa nella
sua forma e per la sua funzione.
“E’ divertente scrivere; o meglio, è
stimolante avere l’ opportunità di far scivolare i pensieri su una tastiera e
forse trovare un matto o un buon samaritano che li legga”.
Perché chi ama gli altri ed è sensibile al destino della sua umana
comunità si sforza per lasciarsi comprendere e non smette mai di cercare ….
“C’ è ancora tantissimo da imparare dai
suoni della natura, dall acqua che cade in forma di pioggia o di neve, dal
vento che passa tra i rami degli alberi inventando sinfonie sublimi, dal mare
che ruggisce rabbioso, avvolgendosi su stesso. E i canti degli animali, i
richiami s’ amore, il crepitio del fuoco ardente, il boato di un vulcano.”
Peppino esalta il dubbio che lo accompagna nella sua esistenza come
forma di superiorità ed esalta il bisogno di imparare dallo stesso. Ecco emerge
in tutta l’ opera il bisogno o meglio la necessità di vivere la vita attraverso
la partecipazione(come diceva una vecchia canzone). Io credo che la partecipazione
come la condivisione siano i fondamenti della libertà alla ricerca di un matto
o di un buon samaritano dei tempi d’ oggi.
Vorrei concludere con la frase che leggo a completamento dell’ opera:
“ e poi ha amato. Molto, ha amato davvero molto.”
Condivido sinceramente. Ha amato davvero noi e il suo luogo del cuore e
della ragione, Bella. L’opera pullula di articoli, buona lettura.
Sperando che il tempo riconosca
il valore dei propri figli esuli in patria.
Bella 19/09/2015
Florenzo Doino
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