Translate

domenica 20 settembre 2015

PEPPINO CHIANELLI UN GIORNALISTA TRA NOI


Sono sinceramente grato a Elisabetta, Giovanni ed Ester Chianelli per almeno tre motivi. Li elenco in ordine crescente di importanza.

- L’avermi fatto dono di un bellissimo libro, curato con amore in ogni sua parte e aspetto, fuori commercio perché destinato agli amici del nostro amato Peppino. Ciò mi commuove particolarmente per il riconoscimento di una ultraquarantennale amicizia, ininterrotta, fino al 23 settembre 2014, data dell’ ultimo incontro. Nella mia memoria si fa largo il giovanissimo tennista, con l’ immancabile chitarra e baffetti di un’estate di tanti anni fa. Avevo appena sette anni. Da allora ho avuto il privilegio di una interlocuzione continua, serena, franca e appassionata.

- Quindi l’avermi voluto stasera qui a condividere con gli amici le riflessioni sulla raccolta che, pur se di impresa difficile, mi onora particolarmente.

- E, ancor più rilevante, l’ aver voluto dare alle stampe sotto forma di raccolta il diario online,che in parte già conoscevo, del carissimo Peppino.

Senza troppi giri di parole, un libro meraviglioso, un officina di pensiero e di cultura che non tramonta mai, cattura immediatamente l’ interesse del lettore attento e cercatore di verità e sapienza. Io credo che i diari, chiunque ne sia l’autore, allorquando costui non indugia sull’ intimismo esasperato, fine a se stesso, alla ricerca di ascolto che lo compiaccia e che gli dia l’ illusione di  trovare risposte che mai troverà alle proprie crisi esistenziali ma di contro si cimenta a narrare la sua umana comunità partendo inevitabilmente dalla propria storia siano dei doni straordinari che ogni persona dovrebbe “divorare” e serbare nella propria biblioteca, nella propria mente e nel proprio cuore. Anzi bisognerebbe invogliare i “giovani moderni”in particolare, a scrivere il diario perché è necessario a ricostruire un terreno di confronto e di iniziative in tempi difficili dove, per entrare in tema, i dubbi aumentano eccessivamente e le certezze si riducono alla fiammella di un vecchio cerino.

E la terra d’ etrusco è tutto ciò. Un bisogno grande di partecipazione tutto interno all’ uomo che pienamente ambisce a vivere la sua condizione di animale sociale in un’epoca di grandi trasformazioni-involuzioni. Altrimenti cosa significherebbe la bellissima poesia, si poesia, perché di animo che vibra, di mano che scolpisce, di meati che si deliziano si tratta che Elisabetta, Ester e Giovanni hanno voluto in copertina?

“Arrendiamoci allora alla possibilità di sbagliare.

Una resa incondizionata che invece di avere

il sapore della disfatta abbia

 il sapore della partecipazione al mondo dei vivi”.

Peppino in questo modo così semplice e così denso di significato scolpisce se stesso e lo rivedo con me o con altri seduto alla panchina di Viale Santa Maria discorrere serenamente delle problematiche del nostro tempo, le più disparate ma tutte riguardanti l’uomo, i popoli, le classi sociali, Napoli e il suo paese di elezione Bella. Ma il dubbio in parte ci vedeva divisi perché a differenza di Peppino io non ho e non ho mai avuto un unico dubbio circa la necessità della trasformazione rivoluzionaria di questa società tanto ingiusta quanto spregevole e così ampiamente denunciata ne suoi articoli. Lui ha fatto sempre riferimento al riformismo socialista e la crisi del riformismo italiano non ha fatto altro che accrescere i dubbi, anche se, diversamente da tanti, non ha mai abbandonato la via maestra della tradizione socialista. Peppino ha sempre conosciuto questa mia posizione e leggendo l’Etrusco ne ho la riprova a pag 118 “ Laboratori in corso- iniziative editoriali di paese”. Canta con tenerezza fraterna una generosa lode dell’ iniziativa di laboratorio rosso, una recensione se si può dire così, “di un laboratorio vitale privo di dubbi sulla strada da percorrere per la ripresa civile e morale di questo povero paese”.

Il degrado morale di questo paese e della sua città natale Napoli sembra essere uno dei fili principali, se non il principale, della raccolta. Oltre metà degli articoli riguardano Napoli, la nostra città, sua di nascita, mia di adozione. ....Napoli, la meravigliosa città del sole e di tante bellissime altre cose, come la vivacità umana irresistibile ad ogni stereotipo, ad ogni tentativo di costringerla, di incanalarla, di trasformarla, contiene  tutto da millenni, perciò una meta per l’ agognato riscatto di intere generazioni dedite alla terra o all' emigrazione .In tanti, nei secoli , invano, si sono affannati a spiegarne la sua unicità  a spiegarne le “stranezze”, le peculiarità di questa grandissima città che condensa tutto nel suo “ventre”:la miseria e la ricchezza, il servilismo e la rivolta, il pianto ed il riso, la preghiera e l' imprecazione. A Napoli tutto é possibile ed imprevedibile in un attimo.in quanto anticipatrice di decenni, se non di secoli, delle principali vicende europee. Basti pensare al privilegio della prima e federiciana università pubblica, al clima di tolleranza e di convivenza che l’hanno resa famosa in tutto il mondo, cosmopolita dove tutte le contraddizioni sono rinvenibili: la delicatezza dell’ arte e la violenza del saccheggio urbanistico, gesti di grande amore e di pari violenza inspiegabile, il riso improvviso come il pianto.

Una grande città, meravigliosa che alleva Peppino “laureandolo” avvocato attento, bravo tennista e soprattutto un cronista gentile e colto dei nostri tempi tristi, all’ insegna della confusione e del degrado.

La terra dell’ Etrusco, (o un giornalista-scrittore tra noi) il diario online è come uno scrigno di cronache napoletane e non solo. Preziose , si preziose,  perché narrate con uno stile semplice, un periodare scorrevole e con un lessico che rende onore ad una lingua meravigliosa qual è il napoletano. Peppino ce ne spiega la grandezza fino a rimpiangerlo dinanzi alla “volgarità dell’ italianizzazione forzata” che altro non è se non il risultato del degrado in cui l’amatissima città è sprofondata dal oltre vent’anni. L’autore era legatissimo alla metropoli meridionale, parafrasando i grandi Goethe e Croce la definisce “Paradiso popolato dai demoni”. Già, leggendo “le buche di Napoli” a pag 188 si ha un quadro perfetto di come siano ridotte e le sue classi dirigenti e le sue strade.

Napoli e la lingua napoletana sono stati gli argomenti principali dei nostri confronti e delle nostre discussioni. Puntualmente mi riferiva di una città stretta tra la violenza gratuita e l’ ignavia delle istituzioni nonostante i tentativi della cultura e di parte del popolo di rinascere, di risalire la china verso una vita appena normale. E poi quasi un corso di lingua napoletana, un ripassare vocaboli in disuso, vecchi aneddoti e significativi modi di dire. Non ho mai intravisto stanchezza in quest’opera.

Un cronista ma anche un opinionista severo e garbato della nostra società putrescente fatta di mancanza di lavoro e dei bruttissimi esempi dei politici istituzionali all’ insegna della codardia e della perdita  del valore e senso del bene comune. Sono tanti i suoi articoli che la denunciano. Io vorrei leggere un bellissimo scritto  di Mario Pagano il rivoluzionario burgentino, nostro conterraneo, trucidato nella nostra Napoli e uno dei principali ideologi della rivoluzione democratica partenopea del 1799.

Sono convinto, avendolo conosciuto, che a Peppe non sarebbe dispiaciuto..

L’ATTUALITA’ DEL PENSIERO POLITICO DI FRANCESCO MARIO PAGANO

Brienza 25-26-27 Ottobre 1999


L’ignoranza delle grandi verità morali fa vacillare la base della società,ne rompe il necessario ligame. Quando non s’intende per tutti i cittadini che l’interesse privato non si possa dal pubblico divellare,che nell’associazione degli uomini il bene privato è nel pubblico rinchiuso,il civile edificio crolla da’ fondamenti suoi. Insensibili egoisti,vilissimi cortigiani,traditori de’ propri doveri, istrumenti dell’ingiustizia,voi,che nella rovina del ben pubblico trovate la privata vostra fortuna,voi,che accumulate ricchezze a spese della giustizia,che stabilite le vostre sopra cento rovesciate famiglie,voi ignorate che invano col tempo il soccorso di quelle leggi,che avete calpestate, implorerete per garentire la vostra proprietà;che quella società,che non avete mai curata e che più non esiste,non potrà esservi di sostegno. Così tardi  ed invano imparerete che ‘l privato interesse non si può mai dal pubblico separare.

                                                                                                  MARIO PAGANO

 

La terra dell’ Etrusco è anche l’ opera di uno storico laico, colto e raffinato grondante cultura memoria e soprattutto amicizia verso gli altri. Peppino ci regala nell’ etrusco un bellissimo racconto del proprio nonno in cui  riusciamo a comprendere quanti pochi passi abbia compiuto il nostro popolo verso la liberazione dalla sudditanza culturale ai poteri laici e religiosi.

 

Un giornalista innamorato della parola, del bel scrivere che padroneggia con maestria come gli artigiani di una volta gli arnesi per la fattura di beni sempre più belli e preziosi e perciò cercatori del meglio, dell’ opera sempre più precisa nella sua forma e per la sua funzione.

 

“E’ divertente scrivere; o meglio, è stimolante avere l’ opportunità di far scivolare i pensieri su una tastiera e forse trovare un matto o un buon samaritano che li legga”.

 

Perché chi ama gli altri ed è sensibile al destino della sua umana comunità si sforza per lasciarsi comprendere e non smette mai di cercare ….

“C’ è ancora tantissimo da imparare dai suoni della natura, dall acqua che cade in forma di pioggia o di neve, dal vento che passa tra i rami degli alberi inventando sinfonie sublimi, dal mare che ruggisce rabbioso, avvolgendosi su stesso. E i canti degli animali, i richiami s’ amore, il crepitio del fuoco ardente, il boato di un vulcano.”

 

Peppino esalta il dubbio che lo accompagna nella sua esistenza come forma di superiorità ed esalta il bisogno di imparare dallo stesso. Ecco emerge in tutta l’ opera il bisogno o meglio la necessità di vivere la vita attraverso la partecipazione(come diceva una vecchia canzone). Io credo che la partecipazione come la condivisione siano i fondamenti della libertà alla ricerca di un matto o di un buon samaritano dei tempi d’ oggi.

 

Vorrei concludere con la frase che leggo a completamento dell’ opera:

 “ e poi ha amato. Molto, ha amato davvero molto.”

Condivido sinceramente. Ha amato davvero noi e il suo luogo del cuore e della ragione, Bella. L’opera pullula di articoli, buona lettura.

Sperando che il tempo  riconosca il valore dei propri figli esuli in patria.

Bella 19/09/2015

Florenzo Doino

 

 

giovedì 2 luglio 2015



II FESTIVAL NAZIONALE DI POESIA PRESSO CASTELLO DELLA LEONESSA DI MONTEMILETTO (AVELLINO) ELENCO VINCITORI
http://www.artisfestival.onweb.it/





























































1° classificato:    Massimo MEZZETTI
2° classificato:    Agostino POSITANO
3° classificato:    Francolando MARANO
 
Menzione d’onore:   Antonio GIORDANO
Menzione speciale:  Teresa GAMBULI
 
Segnalazione giuria:
Loredana BELLISAI
Alfredo PERCIACCANTE
Florenzo DOINO
Bruno FIORENTINI
Leonardo DONA'

domenica 19 aprile 2015

AFRICA FERITA


AFRICA FERITA

Sei l’ arena di sempre.

Per i mercanti de figli tuoi,

per l’appetito dei civilizzatori,

per le cattive coscienze

infiacchite degli ingozzati.

Sei il teatro rosso,

di sangue a fiotti,

dipinto dai figli neri d’Etiopia.

Sei il gigante ferito

da figli di nero bardati

e scimitarra sguainata

per conto dei mercanti

di clemenza e promessa.

Sei per Noi la speranza

dell’ Umanità presto liberata.

Florenzo Doino

 

giovedì 2 aprile 2015

VERSO LA FINE....



VERSO LA FINE….


Il suo granaio
sovrabbondava
e delle cavallette
neanche si curava....
Le sue ampolle
di oli strapiene
da una sponda all’altra
transitavano
e ai poveri
qualche bicchiere donava.
In autunno
con fiumi di vino
gli amici rallegrava.
E le mani ingioiellate
nelle dimore sfarzose
e con la mente
nelle attività accorsate
a chiunque mostrate.




Ora
nel giaciglio
macilento e mesto
implora gocce con biglietti
per l’arsura il lenimento
di sorrisi volontari
in nessun momento
e di carezze in regalo
neanche uno sfioramento.
Florenzo Doino



 

martedì 17 marzo 2015

IL BISOGNO DEL BENE


Nell’aria di  polvere stipata
solo una madonna
e una prima comunione incorniciata.
Poi animali pascenti
e orecchie esploratrici
di  flebili lamenti.
Con occhi chinati
tra pilastri spezzati
e tegole infrante,
inferriate divelte
e portoni incendiati
cammino.
E l’animo,
alla speranza schiuso,
vola,
come alla  ricerca matta
del balsamo salvavita,
al bisogno di fare il bene.
Florenzo Doino

martedì 3 marzo 2015

NINIVEH 2014

NINIVEH 2014
Ballavamo
la notte e il giorno,
eravamo amici.
All' improvviso
il vento
dell' inverno gelido
spezzò i nostri canti,
serrò le nostre mani
e volammo lontano.
....Molti di noi
fummo cenci e cenere.
Florenzo Doino.

domenica 22 febbraio 2015

INVERNO COPTO 2015

Sull' Ara,
la lama
come per gli agnelli,
in nome di Qualcuno,
le Acque tinge
di rossi coaguli dei fratelli.
C'è sempre un manto sdrucito.
Angoscia e sangue ospita,
consola,conforta
e lacrime inaridisce
di copti e sottomessi,
innocenti e marginali,
migranti e resistenti.
Presto,
lo straccio rosso fuoco,
spiraglio dell' Umanità,
garrirà al vento.
Allora in nome di Qualcuno
nessun truciderà.
Florenzo Doino

martedì 10 febbraio 2015

INTERVISTA AGOSTO 2014

INTERVISTA A CURA DELLO STUDENTE LUCIO DI NICOLA
 
-A quale movimento letterario/storico/culturale crede di appartenere, o di condividere maggiormente gli ideali?
Oggi appartengo al movimento internazionalista che si propone di trasformare il sistema capitalistico su cui, purtroppo, é fondata la società mondiale con i suoi rapporti disuguali, violenti ed ingiusti; i cui effetti devastanti sono sotto gli occhi di tutti. Da una parte fame, miseria, sete, malattie e morte per milioni e milioni di esseri umani ad ogni latitudine; dall' altra pochissime migliaia di persone che detengono la ricchezza sociale prodotta dalle masse immense. Questo movimento appartiene alla tradizione gloriosa e rivoluzionaria del movimento operaio che fu di Lenin, Trotschj e Gramsci, prima che venisse sconfitto dalla controrivoluzione stalinista. Grazie a questo grandioso movimento mondiale l' umanità intera, pur non raggiungendo l 'obbiettivo della sua liberazione dall' oppressione, ha fatto salti incredibili verso la conquista dei diritti.
Da un punto di vista strettamente letterario non spetta a me inquadrare la mia piccola opera in un movimento letterario o culturale.
In merito posso dire che attualmente mi sento vicino ai movimenti artistici che lottano contro il potere globale additando ai popoli ed agli oppressi la strada della lotta internazionale al di là di ogni discrimine religioso e di razza.
A tal riguardo ti segnalo che nel 2011, in Colombia, è nato il World Poetry Moviment (il movimento poetico mondiale) a cui hanno aderito almeno 199 festival internazionali di poesia, 1233 poeti da 134 paesi.
Un movimento che dice di dichiararsi in ribellione contro la triste storia dell’umanità. Nel manifesto costitutivo si legge: Noi ci opponiamo alla storia guerrafondaia delle civilizzazioni barbare che hanno prodotto cento milioni di morti grazie alla cosiddetta evoluzione umana sulla terra.
Sono diverse le manifestazioni che questo Movimento sta portando avanti nelle piazze e nelle strade in questi anni.
Se invece rileggo gli autori del passato apprezzo tantissimo il poeta recanatese Giacomo Leopardi per il suo messaggio universale di unità e Wladimir Majakowscki, il poeta cubo-futurista della rivoluzione bolscevica (1917) per il suo bellissimo contributo critico dato alla realizzazione della rivoluzione stessa.

-Come definirebbe la sua poetica ?
Anche per questa domanda dovrebbero essere i lettori a commentare, a “criticare”.
Sicuramente si tratta di una poesia militante che parte dal proprio vissuto, dall' osservazione del mondo che ci circonda fatto di ingiustizie ed inumanità, dalle meditazioni notturne e giornaliere.
Il fine, quasi naturale direi, è la condivisione di un messaggio internazionalista, depurato da aspetti intimistici che poco possono interessare gli altri.
Potrei definirla come una poesia senza tempo, senza luoghi precisi e quindi di proprietà collettiva. Allora, lascio volentieri la parola ai lettori.

-Come uomo di scienza crede in Dio?
Non credo nel Dio che parla attraverso i libri sacri come la Bibbia ed il Corano. Avendoli, in parte, letti li ritengo testi di grande saggezza e sapienza anche se, a tratti, un grande insieme di norme e di precetti inspiegabili e datati. Di più, non condivido neanche una virgola delle istituzioni e degli uomini che hanno la pretesa di stabilire vincoli sacri che uniscono l' uomo all' idea di onnipotente così come non condivido ed avverso la loro pretesa di considerarsi i depositari della difficile interpretazione di questi testi. Nella bimillenaria storia delle religioni monoteiste i religiosi si sono opposti alle teorie che dopo secoli si sono dimostrate giuste anche se antitetiche alle teorie dei testi sacri stessi. Ovviamente non condividere non significa “condannare” o non rispettare chi dedica la sua esistenza alla ricerca di un principio ispiratore e creatore del sistema in cui nasciamo e moriamo. Anzi. Proprio come uomo che si occupa del benessere del genere umano sia dal punto di vista della salute che dal punto di vista sociale credo moltissimo nella ricerca. Nei suoi formidabili risultati che fanno compiere salti enormi all' umanità intera; nella sua capacità di saziare l' incontenibile bisogno di conoscenza. E proprio il credere nella incessante ricerca mi pone distante dall' Ateismo nella sua forma cosiddetta attiva.... D'altra parte alcune mie poesie cantano questo umanissimo bisogno. Credo che nella rilettura di “alla ricerca” troverai la risposta alla tua domanda.
Potrebbe scegliere alcune delle poesie presenti nel Fiore della meraviglia, elencando per ciascuna:
1. la morale,
2. a quale evento storico-sociale fà riferimento,
3. la fonte d'ispirazione (eventi, sentimenti, oggetti, visioni, odori, sapori)
4. Quali stati d'animo hanno guidato la stesura della poesia.

Quanto mi chiedi é molto impegnativo. Ogni singola poesia meriterebbe almeno tante pagine quante il volumetto che hai appena letto.
Domandi qual è la morale per ogni singola poesia. Vorresti conoscere, se mi par di comprendere bene, qual é l' insegnamento che intendo diffondere?
Non ho questa pretesa se non il desiderio fortissimo di condividere con gli altri, sotto forma di versi, riflessioni e meditazioni pressoché quotidiane. Certo non tutte le poesie sono il portato di questa attività incessante.
Chiedi pure quali sono gli eventi storici e non solo che innescano l' “ispirazione”.
Alcune sono legate a momenti particolari della vita come la perdita degli amici o di conoscenti. Altre indubbiamente fanno riferimento ad episodi grandi e piccoli, vecchissimi e recenti.
Con una mia poesia inedita spero di illustrare cos' è per me la poesia: “la poesia é l' opera mirabile , di martello e scalpello, dell' artigiano analfabeta.”
Allora ecco la semplice commento ad alcune poesie scelte a caso.

Il Bastimento
E' l' uomo, la comunità umana che vive la sua esistenza come in un Oceano, a volte calmo, a volte tempestoso, che ricerca e si ripara dalle avversità, che svolge con difficoltà tutte le sue attività ma non si arrende. E' la parte migliore del mondo che ambisce al bene, ad un futuro luminoso che non può essere altro che l' orizzonte. Questa poesia é il frutto delle mie meditazione notturne e quotidiane dell 'intera esistenza.
Esule
E' quella sensazione che molti provano quando registrano le profonde trasformazioni che inevitabilmente si verificano negli ambienti cari da sempre. Trasformazioni che spesse volte non si accettano perché inspiegabili quando non determinate dalla sete di profitti o dal disprezzo della memoria storica o dalla mancanza di amore del bello. Sono perciò foriere della sensazione di esule in casa propria. Bella, il nostro paese, con il dopo-terremoto del 1980 ha subito una “mutazione genetica” dal punto di vista sociale ed urbanistico, né agricolo e né artigiano, ne moderno e né antico, ha contribuito ad ispirare questa poesia.
La colonna
Le immagini quotidiane di milioni di uomini donne e bambini che marciano stanchi, affamati ed assetati dall' Africa, dall' Asia e dalle Americhe mi hanno indotto a riflettere su quanto ingiusto sia il mondo in cui viviamo. Lo studio della storia del colonialismo e dell' era pre-colombiana mi hanno
fatto comprendere che tutto il bene che l' occidente ostenta é stato realizzato con la rapina e la violenza ai danni delle popolazioni d' Africa e delle Americhe.

Reduce
La conoscenza ed i racconti di alcuni soldati mutilati dal freddo della campagna di Russia (1940/45) mi hanno consentito di scrivere questa poesia che ci richiama all' onestà intellettuale, a non cambiare la verità dei fatti. Chi ha mandato a morire di congelamento più di 80.000 giovani nella steppa russa senza equipaggiamento?
La sofferenza del reduce ci condanna a dire sempre la verità contro i revisionismi.

Delusione
E' una poesia concatenata all' esule esprime la sofferenza nell' abbandonare il luogo natio e la delusione dovuta all' impotenza delle promesse di realizzare qualcosa di nuovo al ritorno. Dall' età di sei anni ho “portato i monti” con me nella città di Napoli ed ho vissuto queste emozioni.
Ricerca
E' il fine della mia esistenza, conoscere per saziare il bisogno incontenibile di ogni essere umano. Ma la ricerca non deve essere mai superficiale, mai fermarsi al fenomeno, a ciò che appare.
La parola
Dicono che parlo molto ed é verissimo. Credo molto nella parola purché non sia esclusivamente esercizio retorico. Raccomando di utilizzarla sempre e se necessario di prendersela. La ritengo così potente e benefica ché può attraversare gli oceani.
Speranza
Una ragazza triste mi ha ispirato “speranza”. Credo molto nelle possibilità di ripresa e di cambiamento di ognuno di noi. Sono sicuro che quella ragazza volesse leggere questa poesia. Spero che abbia ricevuto un po' di conforto.
Dignità
E' esattamente quello che penso. Credo di non essere solo. Cerco di informare la vita di tutti i giorni al messaggio di “dignità”. Avrei potuto dedicare la poesia a Mandela ed a tutti i combattenti che mai si piegano dinanzi al potere ed alle sue lusinghe.
Pietas e Di più
il continuo contatto con gli ammalati e con la povertà ha fatto si che condividessi con gli altri il mio concetto di pietà.
Unione
Solo gli uomini o almeno solo gli uomini potenti e di potere vivono soli. Il resto, gli inumani, vivono insieme, in equilibrio perfetto con la natura svolgendo alla perfezione il compito di riprodurre la propria specie. La poesia é scaturita dalla visione di documentari e letture del mondo animale oltre che dalle mie convinzioni sulla necessità di vivere insieme.
Io sono un somaro
Un anziano amico mi ha convinto che il somaro é un grande e bello animale, elencandomi tutte le sue qualità. Il fatto che sia disubbidiente e che tenga a distanza i lupi dal gregge mi affascina molto.
Senza soma
Chi é abituato ad applicarsi poco pensa ad abbuffarsi. E' talmente banale che non riesce ad utilizzare appieno i suoi sensi.

domenica 8 febbraio 2015

LA SERATA DI RIONERO IN VULTURE A CURA DI MARIO COVIELLO

LA SERATA DI RIONERO IN VULTURE A CURA DI MARIO COVIELLO
Presentato a Rionero in Vulture il libro del bellese Florenzo Doino, intitolato "Il fiore della meraviglia"
Il Circolo Casa 28 di Rionero in Vulture e il Comitato Palestina Libera del Vulture Melfese hanno presentato , sabato 8 febbraio, presso la sede del circolo in Rionero in Vulture, il libro di poesie
“IL FIORE DELLA MERAVIGLIA”. Laurita editore, di Florenzo Doino. La prof. Anna Rosa, e il dirigente scolastico Mario Coviello, con il coordinamento del prof. Giuseppe Chieppa hanno analizzato con pubblico attento e partecipe di giovani studenti, animatori culturali e intellettuali impegnati, le poesie del dottor Doino. Dopo la presentazione de “ Il fiore della meraviglia” a Bella ed Atella, nell’incontro la professoressa Anna Rosa ha ribadito la necessità della poesia di impegno civile per combattere la violenza e il terrorismo che contraddistingue questi primi giorni del 2015. “ Quanto è avvenuto a Parigi nella redazione di Charlie Hebdo- ha detto- quanto avviene in Palestina, Siria, Libano, Ucraina, in Africa richiede la mobilitazione delle coscienze e la presa in carico dei diritti dei più deboli. Con la lettura partecipe di Silvana Ciampa e Lidia Trama il “ Fiore della meraviglia” ha raccontato gli sbarchi dei migranti, il terremoto dell’Aquila, il dramma del conflitto israelo-palestinese, i lavoratori morti nelle miniere, la morte di Federico Aldrovandi, la detenzione ela liberazione di Mariem. “In un tempo come quello in cui stiamo vivendo, nel quale fioccano poesie intimiste che cercano di distrarci dalle problematiche del nostro tempo, Florenzo Doino ha avuto la capacità di riportarci alla realtà delle cose, a volte cruda e al tempo stesso semplice, altre volte dolce e piena di speranza”,ha commentato il professor Coviello. Quello che il pubblico del circolo ARCI 28 di Rionero ha ritrovato nelle poesie di Florenzo Doino è proprio questo: una verità che cerca di fissare ciò che accade a tutti gli uomini in qualsiasi momento e luogo. “Ogni poesia può essere rapportata ad ognuno di noi,- ha detto il professor Chieppa - “ alla nostra situazione attuale, al nostro passato oppure a quello che potremmo sperare o temere per il nostro futuro.” Una particolarità della poesia di Florenzo Doino, è la capacità di far dialogare passato e presente. Oltre che attraverso il significato delle parole, lo fa con l’uso delle stesse. Si tratta, come viene definito da Oreste Lo Pomo nell’introduzione, “di versi che sembrano riemergere da un passato obsoleto ma che, invece, pur in una dimensione epica non perdono la loro attualità”. Il pubblico ha apprezzato la poesia di una persona sensibile, che anche da “esule in patria”, come egli ama definirsi in una delle sue liriche, non cessa di guardare al mondo esterno, agli altri, e ai loro problemi reali. Florenzo Doino con i suoi versi non cessa di spiare nei loro vissuti, spinto da una empatia tutta umana, dal prendersi cura dell’altro, dalla compartecipazione ai drammi e al dolore di un’umanità marginale e offesa ogni giorno dall’egoismo e dall’indifferenza dei più.
                                                                                                                                      Mario Coviello

IL FIORE DELLA MERAVIGLIA A RIONERO IN VULTURE PER LA PALESTINA LIBERA

LA RELAZIONE DELLA PROFESSORESSA ANNA ROSA A RIONERO IN VULTURE (07/02/2015
Siamo sempre contenti di presentare un libro, che è LUOGO di dialogo, non oggetto d'arredo o di snobismo. C'è un pregiudizio diffuso nei confronti della poesia e di chi la coltiva e l'apprezza: i poeti sarebbero sognatori, illusi, idealisti incapaci di azioni concrete nel sociale, Insomma, sarebbero “esuli nella loro patria”. E invece i poeti “scandagliano gli abissi” e “rovistano il firmamento” senza il chiasso volgare e sguaiato di chi cerca facili consolazioni e spiegazioni. I poeti non sono affatto rassegnati all' agonia del pensiero e al trionfo dell'apatia! Anzi, sono quelli che lavorano per “la felicità al potere” per citare il titolo del libro scritto dal presidente uruguayano Pepe Mujica, che ha 78 anni e un cuore di fanciullo, per la passione tenace con cui esercita il suo ruolo. Mujca dice che chi passa davanti a un paesaggio e non lo vede è destinato all'infelicità e che l'ingrediente per la felicità è il tempo, tempo per vedere e riflettere e sognare...i sogni, paradossalmente, ci tengono svegli e ci incitano all'azione e all'impegno, dice Florenzo. Frequente, in queste poesie, è il richiamo alla pazienza, che non è associata alla rassegnazione, perché “lo straccio ci consola” anche per solo il fatto che riusciamo a vederlo! E allora, se le teorie economiche, politiche e sociali sono “gomme lisce nella neve, solo la poesia ha le catene” (F. Arminio), perché la scelta delle parole (la loro disposizione, la loro precisione) richiede uno sforzo, una cura, una passione che salva la bellezza dei termini ormai considerati desueti dalla rozza smania di semplificare e abbrutire pensieri e sentimenti. Ben vengano, allora, termini come “stracco, quassare, desco, vergare, mandamento” mescolati abilmente a termini più comuni per restituire dignità agli invisibili e agli ultimi, non certo per esibire una vuota e stanca erudizione! Anche la cronaca, nazionale ed internazionale, è degna di entrare nei testi poetici per sottrarla alla scadenza breve, all'amnesia di massa, senza la pretesa di mitizzarla, ma per interpretarla e pesarla e presentarla alle nostre coscienze che non si interrogano più su nulla che non riguardi la nostra meschina sopravvivenza e illusoria autosufficienza!
Incuriosita dal titolo della raccolta (“meraviglia” ha un significato etico, non estetico), che compare nella poesia “Agave”, ho cercato di saperne di più sulle caratteristiche di questa pianta. Nonostante l'origine esotica (America centrale), si è adattata a vivere nei nostri climi; e quando le foglie cominciano a seccare, dal fusto esce un fiore altissimo (può raggiungere i 9 metri di altezza). Quasi tutte le specie dell'agave sono monocarpiche, cioè fioriscono una sola volta nella loro vita, e poi muoiono. E altrettanto sorprendente è che i suoi frutti non sono utili per la riproduzione, perché l'agave si riproduce dai germogli basali;il suo futuro non è nei frutti ma vicino alle radici, dove germogliano i rampolli, dalle cicatrici...La sua forma, elegante ma sobria, la sua presenza discreta. la sua resistenza dignitosa alla crudeltà degli agenti atmosferici la rendono un simbolo, antico e quindi eterno, di partecipazione senza competizione, di resistenza eroica al dolore, perché la compattezza e la coesione delle foglie sono un monito alla solidarietà che salva il mondo dalla barbarie. I poeti non hanno la presunzione di cambiare il mondo con magiche pozioni, ma se anche un pessimista come I. Svevo diceva che “fuori della penna non c'è salvezza”, allora anche i poeti hanno il difficile compito di identificare l'inferno e renderlo visibile a tutti, perché o tutti insieme saremo in grado di vederlo o nessuno, da solo, lo potrà evitare! Anche questo ci insegna Florenzo: è una falsa consolazione, un misero conforto, un'ipocrisia insopportabile quella di chi sceglie opportunisticamente chi e cosa amare! Anche Elsa Morante denunciò la deriva teppistica dei sentimenti: “Ah, è un inferno essere amati da chi non ama né la felicità, né la vita, né se stesso, ma soltanto te!”. Grazie, Florenzo, per la generosità e la sensibilità che hai condiviso con noi!
Anna Rosa

sabato 17 gennaio 2015

emergenza idrica a bella. per chi fosse interessato a rialzare la testa

Lettera aperta di Florenzo Doino, responsabile del PCL per il potentino,
al Presidente dell’ ATO prof. Angelo NARDOZZA.

In attesa delle provvidenziali e benefiche precipitazioni autunnali, alcuni comuni della regione sono letteralmente assetati.
È assetata la terra, perché gli invasi sono a secco.
È assetato il popolo, perché gli acquedotti sono chiaramente insufficienti.
Questo avviene nella Basilicata che vanta, oltre al petrolio, una così grande ricchezza idrica da trasferirne gran parte alla vicina Puglia.



Nasce Acquedotto Lucano e sottrae conseguentemente la gestione delle risorse idriche ai piccoli e poveri comuni lucani. In molti si illudono che finalmente terminerà l’emergenza idrica nei periodi estivi ed autunnali per gli assetati comuni.
La voglia di credere alla novità scaturisce dalla convinzione che un Ente ad hoc possa avere più risorse da investire e soprattutto personale altamente specializzato dedito solo ed esclusivamente a “dissetare il popolo lucano”.
In tal senso tutti si convincono che A.L. avrebbe riparato l’intera rete idrica riducendo grandemente le perdite del prezioso liquido, che avrebbe progettato nuovi e funzionali acquedotti nelle aree carenti, che avrebbe sfruttato maggiormente le potenzialità idriche di tutto il territorio.
Così non avviene. Soprattutto per Bella.
Ancora oggi l’acqua viene erogata soltanto per poche ore al giorno.
Appare davvero strano che la Basilicata, la cui classe politica di centrodestra e di centrosinistra si fregia di essere immune da condizionamenti malavitosi, che ambisce ad essere una regione senza confini, che si sforza di apparire meta ideale per un turismo intelligente ed ecologico, che è primissima nella utilizzazione di prebende nazionali ed europee, non sia riuscita a risolvere una volta per tutte la questione acqua.
Evidentemente non è un problema tecnico, visto che in passato si ottenne, anche per la zona di Bella, una qualche soluzione al problema con l’acquedotto ERGAL, nato all’indomani del terremoto ’80 con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno.
Ma l’intero sistema di potere, democristiano ieri, di centrosinistra oggi, nelle sue varie trasformazioni, ha prodotto contestualmente una situazione di cronica deficienza idrica e di perpetui efficienti carrozzoni partitocratrici, corroborati da ripetuti aumenti delle bollette.
L’acquedotto di Laviano, sopra nominato, quello costruito dall’ ERGAL per conto della Cassa del Mezzogiorno, che doveva servire la zona del Vulture e del Marmo-Patano, in che condizioni si trova in questo momento? Può ancora svolgere la sua funzione iniziale? Può far sì che a Bella ci sia l’acqua almeno nelle ore diurne, come avvenne all’indomani della inaugurazione dell’acquedotto e per ben due anni? O è impossibile riattivare il collegamento con il nostro comune? O bisogna pensare che la sua creazione rispondeva soltanto a logiche capitalistiche e di propaganda politica?
Bella, 7 novembre 2008

Florenzo DOINO
(Partito Comunista dei Lavoratori)
Postato Sabato 08 Novembre 2008 - 14:12